INTRASFERIBILITÀ DEL SEQUESTRO DI SOMME DI DENARO SU BENI DI NON IMMEDIATA ESCUSSIONE

Con la sentenza n. 23042, depositata il 29 luglio 2020, la Suprema Corte, confermando quanto statuito in una precedente pronuncia (Cass. sent. n. 37660 del 17 maggio 2019), ha ribadito che: “Le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato o un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili od immobili di identico valore, perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato”.

Più in dettaglio la Corte ha annullato l’ordinanza con la quale, in sede di riesame, il tribunale, al fine di non rischiare di pregiudicare l’operatività aziendale ed in considerazione del progressivo pagamento da parte della società amministrata dall’indagato delle somme dovute all’erario a titolo di imposte non versate, aveva accolto la richiesta di quest’ultimo di modificare l’oggetto del sequestro a fini di confisca, trasferendo il vincolo cautelare dalle somme depositate sul conto corrente della società ad un bene immobile di pari valore.

La decisione autorizza a ritenere che il sequestro finalizzato alla confisca possa avere ad oggetto beni mobili o immobili solo in via residuale, ovvero, solo qualora risulti non possibile sottoporre somme di denaro alla misura ablativa.

Si tratta di una interpretazione che, non attribuendo alcun rilievo alle esigenze dell’attività di impresa, non si preoccupa di trovare alcun bilanciamento tra i diversi interessi in gioco, e che, con particolare riferimento ai reati tributari, sembra muoversi in direzione diversa da quella perseguita dal legislatore con l’introduzione dell’art. 12 bis co. 2 Dec. Lgs. 74/2000 (cd. confisca condizionalmente sospesa), e con la recente estensione della causa di non punibilità prevista dall’art. 13 Dec. Lgs. 74/2000.

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