Con una recente decisione la Suprema Corte conferma la tendenza ad aderire alle interpretazioni più “intransigenti” delle norme previste dal dec. lgs. 74/2000. In particolare, in forza di argomentazioni che suscitano significative perplessità alla luce del dettato normativo e/o della espressa volontà del legislatore, permane la volontà di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale attraverso l’ampliamento dei confini di operatività del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e la limitazione alla facoltà del reo di ricorrere o di beneficiare degli effetti di condotte riparatorie.
Ne risulta un corpus normativo eccessivamente severo ed incentrato sull’aspetto sanzionatorio piuttosto che su quello riparativo, e che necessita di una “tensione” interpretativa diversa, di una modifica di prospettiva tale da renderlo coerente con le più moderne concezioni del diritto penale.
L’insostenibile intransigenza della Cassazione nell’interpretazione delle disposizioni di cui al Dec. Lgs. 74/2000.
Con una recente decisione la Suprema Corte conferma la tendenza ad aderire alle interpretazioni più “intransigenti” delle norme previste dal dec. lgs. 74/2000. In particolare, in forza di argomentazioni che suscitano significative perplessità alla luce del dettato normativo e/o della espressa volontà del legislatore, permane la volontà di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale attraverso l’ampliamento dei confini di operatività del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e la limitazione alla facoltà del reo di ricorrere o di beneficiare degli effetti di condotte riparatorie.
Ne risulta un corpus normativo eccessivamente severo ed incentrato sull’aspetto sanzionatorio piuttosto che su quello riparativo, e che necessita di una “tensione” interpretativa diversa, di una modifica di prospettiva tale da renderlo coerente con le più moderne concezioni del diritto penale.