Con la sentenza n. 20567 del 26 giugno 2020 la terza sez. della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell’individuazione del luogo di consumazione del reato di cui all’art. 8 Dec. Lgs. 74/2000, in ragione del quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 8 c.p.p. e 18 Dec. Lgs. 74/2000, si determina il giudice territorialmente competente.
Con la suindicata decisione la Cassazione ha affermato che, in assenza di elementi di segno contrario, le fatture devono ritenersi emesse nel luogo ove la società ha la sede amministrativa o operativa presso la quale conserva la documentazione contabile e fiscale, anzichè nel luogo ove ha la sede legale ed il relativo domicilio fiscale.
Aggiunge ancora la Cassazione che quanto previsto dalla disciplina tributaria ed in particolare dal d.p.r. 600/73 è irrilevante “perché legata a presupposti diversi da quelli penali, ed a questo ambito non direttamente applicabili”.
Tale conclusione non appare condivisibile in quanto sembra indicare che il momento di consumazione del delitto vada determinato in un momento antecedente a quello della consegna o trasmissione a terzi del falso documento fiscale.
Viceversa, deve ritenersi che il momento dell’emissione o del rilascio della fattura o del documento equipollente corrisponde al momento nel quale tali documenti fiscali fuoriescono dalla disponibilità dell’autore del falso e giungono nella disponibilità dei terzi.
La tesi, unanime in dottrina, trova il proprio fondamento non solo nella stessa formulazione dell’art. 8 Dec. Lgs. 74/2000, la cui condotta è costituita dall’emissione o dal “rilascio” del documento fiscale, ma anche in quanto previsto dal co. 3 dell’art. 18 del medesimo decreto, nell’ambito del quale è contemplata l’eventualità che i falsi documenti fiscali possano essere stati emessi o rilasciati in “luoghi rientranti in diversi circondari”. Non a caso in questo senso si era pronunciata la stessa Corte di Cassazione in una decisione meno recente (Cass. sent. n. 20787 del 17.5.2002).
Ma sul punto ad essere dirimente è l’inequivoco contenuto dell’art. 21 co. 1 d.p.r. 600/73 il quale, anche dopo la modifica ad opera del D.L. 119/18, recita: “La fattura, cartacea o elettronica si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente”.
Del resto, con riferimento alle fatture inviate elettronicamente, la stessa Agenzia delle Entrate (Circolare n. 45/2005), prima dell’introduzione della cd. “fatturazione elettronica” (D.L. 118/19), aveva affermato che il documento fiscale emesso per via telematica (sia in formato cartaceo che elettronico) si intende “consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore” (a seguito dell’introduzione della disciplina in tema di fatturazione elettronica, il momento della trasmissione al destinatario dovrebbe individuarsi nella trasmissione del documento tramite il SdI, il quale attesta l’avvenuta consegna del documento al destinatario).
In effetti a sorprendere, anche per l’assenza di qualsivoglia motivazione, è l’ulteriore affermazione per la quale la disciplina tributaria non rileverebbe al fine di determinare il luogo di emissione delle fatture o degli altri documenti equipollenti, se si considera che l’art. 1 Dec. Lgs. 74/2000, per determinare l’oggetto del reato di cui all’art. 8 del medesimo decreto, rinvia espressamente alla norme previste dalla disciplina tributaria, ed a tali disposizioni la giurisprudenza fa riferimento anche al fine di determinare la natura fittizia dei citati documenti.
Appare pertanto auspicabile un chiarimento della Suprema Corte.
EMISSIONE DI FATTURE PER OPERAZIONI INESISTENTI: IN ASSENZA DI PROVA CONTRARIA, IL LUOGO DI EMISSIONE VA DETERMINATO PRESSO LA SEDE AMMINISTRATIVA O OPERATIVA NELLA QUALE LA SOCIETÀ CUSTODISCE LA DOCUMENTAZIONE CONTABILE, ANZICHÈ NEL LUOGO IN CUI HA LA SEDE LEGALE.
Con la sentenza n. 20567 del 26 giugno 2020 la terza sez. della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell’individuazione del luogo di consumazione del reato di cui all’art. 8 Dec. Lgs. 74/2000, in ragione del quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 8 c.p.p. e 18 Dec. Lgs. 74/2000, si determina il giudice territorialmente competente.
Con la suindicata decisione la Cassazione ha affermato che, in assenza di elementi di segno contrario, le fatture devono ritenersi emesse nel luogo ove la società ha la sede amministrativa o operativa presso la quale conserva la documentazione contabile e fiscale, anzichè nel luogo ove ha la sede legale ed il relativo domicilio fiscale.
Aggiunge ancora la Cassazione che quanto previsto dalla disciplina tributaria ed in particolare dal d.p.r. 600/73 è irrilevante “perché legata a presupposti diversi da quelli penali, ed a questo ambito non direttamente applicabili”.
Tale conclusione non appare condivisibile in quanto sembra indicare che il momento di consumazione del delitto vada determinato in un momento antecedente a quello della consegna o trasmissione a terzi del falso documento fiscale.
Viceversa, deve ritenersi che il momento dell’emissione o del rilascio della fattura o del documento equipollente corrisponde al momento nel quale tali documenti fiscali fuoriescono dalla disponibilità dell’autore del falso e giungono nella disponibilità dei terzi.
La tesi, unanime in dottrina, trova il proprio fondamento non solo nella stessa formulazione dell’art. 8 Dec. Lgs. 74/2000, la cui condotta è costituita dall’emissione o dal “rilascio” del documento fiscale, ma anche in quanto previsto dal co. 3 dell’art. 18 del medesimo decreto, nell’ambito del quale è contemplata l’eventualità che i falsi documenti fiscali possano essere stati emessi o rilasciati in “luoghi rientranti in diversi circondari”. Non a caso in questo senso si era pronunciata la stessa Corte di Cassazione in una decisione meno recente (Cass. sent. n. 20787 del 17.5.2002).
Ma sul punto ad essere dirimente è l’inequivoco contenuto dell’art. 21 co. 1 d.p.r. 600/73 il quale, anche dopo la modifica ad opera del D.L. 119/18, recita: “La fattura, cartacea o elettronica si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente”.
Del resto, con riferimento alle fatture inviate elettronicamente, la stessa Agenzia delle Entrate (Circolare n. 45/2005), prima dell’introduzione della cd. “fatturazione elettronica” (D.L. 118/19), aveva affermato che il documento fiscale emesso per via telematica (sia in formato cartaceo che elettronico) si intende “consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore” (a seguito dell’introduzione della disciplina in tema di fatturazione elettronica, il momento della trasmissione al destinatario dovrebbe individuarsi nella trasmissione del documento tramite il SdI, il quale attesta l’avvenuta consegna del documento al destinatario).
In effetti a sorprendere, anche per l’assenza di qualsivoglia motivazione, è l’ulteriore affermazione per la quale la disciplina tributaria non rileverebbe al fine di determinare il luogo di emissione delle fatture o degli altri documenti equipollenti, se si considera che l’art. 1 Dec. Lgs. 74/2000, per determinare l’oggetto del reato di cui all’art. 8 del medesimo decreto, rinvia espressamente alla norme previste dalla disciplina tributaria, ed a tali disposizioni la giurisprudenza fa riferimento anche al fine di determinare la natura fittizia dei citati documenti.
Appare pertanto auspicabile un chiarimento della Suprema Corte.