Con la sentenza n. 6350 del 18 febbraio 2021 (di cui si allega un estratto) , la quinta sezione della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del rapporto tra il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose di cui all’art. 223 co. 2 n. 2 l. fall., ed il reato di indebita compensazione previsto dall’art. 10 quater dec. lgs. 74/2000.
Con i motivi di ricorso posti al vaglio della Corte, i ricorrenti sostenevano che le suindicate fattispecie si trovassero in un rapporto di specialità reciproca, tale da integrare un’ipotesi di concorso apparente di norme (art. 15 c.p.), da risolversi con l’applicazione del solo reato previsto dalla legge fallimentare in quanto caratterizzato da più elementi specializzanti. Peraltro, ad avviso dei ricorrenti, l’opposta interpretazione avrebbe comportato la violazione dell’art. 4 prot. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, rubricato “Diritto di non essere giudicato o punito due volte“, atteso che, secondo l’imputazione, la medesima condotta avrebbe integrato entrambe le fattispecie di reato.
La Corte ha ritenuto non corrette entrambe le considerazioni. Inconferente viene ritenuto il richiamo al tema del divieto di un secondo giudizio, trattandosi di fatti giudicati nell’ambito del medesimo procedimento, e presupponendo il principio del ne bis in idem la corrispondenza storico naturalistica di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie (condotta, evento, nesso di causalità).
Altrettanto infondata, a giudizio della Cassazione, risulta la tesi del concorso apparente di norme. Secondo la giurisprudenza di legittimità (SS.UU. sent. 1235 del 28 ottobre 2010) tale ipotesi di concorso si configura solo quando tra diverse fattispecie sussiste un rapporto di continenza (e non, come sostenuto dal ricorrente, di specialità reciproca), in forza del quale la fattspecie speciale deve essere integralmente ricompresa in quella generale, caratterizzandosi per la presenza di uno o più elementi di specialità.
Tale rapporto di continenza non contraddistingue i delitti di cui all’art. 223 co. 2 n. 2 l. fall. ed il reato tributario di indebita compensazione, differenziandosi questi ultimi sia con riferimento alla condotta che al ruolo rivestito dalla sentenza di fallimento.
In particolare la Corte rileva che il pregiudizio patrimoniale discendente dal reato fallimentare non è l’effetto immediato di una azione illecita, ma la conseguenza “di un fatto di maggiore complessità strutturale“, costituito da “qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento, o comunque, una pluaralità di atti coordinati“. Diversamente, il reato contemplato dall’art. 10 quater d. lgs. 74/2000, si consuma con la presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, dalla quale, in ragione della compensazione di quanto effettivamente dovuto con crediti non spettanti secondo la normativa fiscale, consegue l’effetto pregiudiziole per l’amministrazione finanziaria. L’indebita compensazione è, dunque, una fattispecie di mera condotta, rispetto alla quale alcuna funzione esplica la sentenza di fallimento, che, viceversa, costituisce condizione obiettiva di punibilità o “evento esterno” del delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose.
La Cassazione nel rigettare il ricorso, ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “è configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose e quello di indebita compensazione di crediti di imposta previsto dall’art. 10 quater d. lgs. 74/2000, non sussistendo tra di essi un rapporto di specialità unilaterale ai sensi dell’art. 15 c.p.“.
La decisione è in linea con altre pronunce aventi ad oggetto il rapporto tra reati fallimentari e reati tributari, essendo già stata affermata la configurabilità del concorso tra il reato di “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” e quello di “Bancarotta fraudolenta per distrazione” (senz. n. 9380 del 9 marzo 2020); nonchè, tra quest’ultima fattispecie e i reati di cui agli artt. 2, 5, 8 10 d. lgs. 74/2000.
CONFIGURABILE IL CONCORSO TRA BANCAROTTA IMPROPRIA DA OPERAZIONI DOLOSE ED INDEBITA COMPENSAZIONE
Con la sentenza n. 6350 del 18 febbraio 2021 (di cui si allega un estratto) , la quinta sezione della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del rapporto tra il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose di cui all’art. 223 co. 2 n. 2 l. fall., ed il reato di indebita compensazione previsto dall’art. 10 quater dec. lgs. 74/2000.
Con i motivi di ricorso posti al vaglio della Corte, i ricorrenti sostenevano che le suindicate fattispecie si trovassero in un rapporto di specialità reciproca, tale da integrare un’ipotesi di concorso apparente di norme (art. 15 c.p.), da risolversi con l’applicazione del solo reato previsto dalla legge fallimentare in quanto caratterizzato da più elementi specializzanti. Peraltro, ad avviso dei ricorrenti, l’opposta interpretazione avrebbe comportato la violazione dell’art. 4 prot. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, rubricato “Diritto di non essere giudicato o punito due volte“, atteso che, secondo l’imputazione, la medesima condotta avrebbe integrato entrambe le fattispecie di reato.
La Corte ha ritenuto non corrette entrambe le considerazioni. Inconferente viene ritenuto il richiamo al tema del divieto di un secondo giudizio, trattandosi di fatti giudicati nell’ambito del medesimo procedimento, e presupponendo il principio del ne bis in idem la corrispondenza storico naturalistica di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie (condotta, evento, nesso di causalità).
Altrettanto infondata, a giudizio della Cassazione, risulta la tesi del concorso apparente di norme. Secondo la giurisprudenza di legittimità (SS.UU. sent. 1235 del 28 ottobre 2010) tale ipotesi di concorso si configura solo quando tra diverse fattispecie sussiste un rapporto di continenza (e non, come sostenuto dal ricorrente, di specialità reciproca), in forza del quale la fattspecie speciale deve essere integralmente ricompresa in quella generale, caratterizzandosi per la presenza di uno o più elementi di specialità.
Tale rapporto di continenza non contraddistingue i delitti di cui all’art. 223 co. 2 n. 2 l. fall. ed il reato tributario di indebita compensazione, differenziandosi questi ultimi sia con riferimento alla condotta che al ruolo rivestito dalla sentenza di fallimento.
In particolare la Corte rileva che il pregiudizio patrimoniale discendente dal reato fallimentare non è l’effetto immediato di una azione illecita, ma la conseguenza “di un fatto di maggiore complessità strutturale“, costituito da “qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento, o comunque, una pluaralità di atti coordinati“. Diversamente, il reato contemplato dall’art. 10 quater d. lgs. 74/2000, si consuma con la presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, dalla quale, in ragione della compensazione di quanto effettivamente dovuto con crediti non spettanti secondo la normativa fiscale, consegue l’effetto pregiudiziole per l’amministrazione finanziaria. L’indebita compensazione è, dunque, una fattispecie di mera condotta, rispetto alla quale alcuna funzione esplica la sentenza di fallimento, che, viceversa, costituisce condizione obiettiva di punibilità o “evento esterno” del delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose.
La Cassazione nel rigettare il ricorso, ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “è configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta impropria da operazioni dolose e quello di indebita compensazione di crediti di imposta previsto dall’art. 10 quater d. lgs. 74/2000, non sussistendo tra di essi un rapporto di specialità unilaterale ai sensi dell’art. 15 c.p.“.
La decisione è in linea con altre pronunce aventi ad oggetto il rapporto tra reati fallimentari e reati tributari, essendo già stata affermata la configurabilità del concorso tra il reato di “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” e quello di “Bancarotta fraudolenta per distrazione” (senz. n. 9380 del 9 marzo 2020); nonchè, tra quest’ultima fattispecie e i reati di cui agli artt. 2, 5, 8 10 d. lgs. 74/2000.