LA CASSAZIONE RIBADISCE IL SÌ AL PATTEGGIAMENTO SENZA PAGAMENTO DEL DEBITO TRIBUTARIO

Con la sentenza n. 11620 del 21 ottobre 2020, depositata il 28 marzo 2021, la terza sezione penale della Corte di Cassazione, riprendendo l’orientamento espresso dalla medesima sezione con la sentenza depositata il 26 novembre 2019, n. 48029, torna ad occuparsi dell’annosa querelle interpretativa relativa alla possibilità di accedere al patteggiamento anche senza previa estinzione del debito tributario, con riferimento nel caso di specie al reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74/2000.

Il decreto legislativo 158 del 2015, come ben noto, ha introdotto molteplici ed importanti innovazioni con riferimento al sistema sanzionatorio penale-tributario e tra queste assumono particolare rilevanza, per l’assoluta novità della disciplina in materia e per l’attenzione suscitata in dottrina e in giurisprudenza, la riformulazione dell’art. 13 e l’introduzione del nuovo art. 13-bis d.lgs. 74/2000. Si tratta di due norme dalla portata fondamentale nella complessa pratica del diritto penale tributario: l’articolo 13, infatti, non prevede più una circostanza attenuante ad effetto speciale, ora confluita nel nuovo articolo 13-bis, bensì una causa di esclusione della punibilità, la cui applicazione è subordinata al pagamento dell’intero debito tributario, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.

Il problema si pone, ora, anche con riferimento ai reati di dichiarazione fraudolenta. Infatti, la recente legge n. 157/2019 ha esteso la non punibilità già prevista dall’articolo 13, comma 2, del d.lgs. 74/2000, per i reati di dichiarazione infedele e omessa presentazione anche alla dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e mediante altri artifici (arte. 2 e 3 del d.lgs. 74/2000). In questi casi la non punibilità scatterà allorchè «i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano estinti con l’integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempre che la regolarizzazione intervenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali».

La questione di diritto affrontata con la sentenza in commento nasce dalla formulazione dell’art. 13-bis d.lgs. 74/2000 che effettivamente sembra precludere, tout court per tutti i reati tributari, l’accesso al patteggiamento per il contribuente/imputato che non avesse preventivamente pagato all’Erario quanto dovuto. La norma dispone espressamente che «Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 (ovvero l’estinzione mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie), nonché’ il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2».

Come si legge, tuttavia, l’art. 13-bis fa al contempo «salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2», le quali – per alcuni selezionati reati tra cui quello di omesso versamento dell’Iva, ex art. 10-ter d.lgs. 74/2000 – prevedono, al verificarsi del pagamento del debito tributario, una causa di non punibilità. E precisamente, il comma 1 dell’art. 13 afferma, al comma 1, che «i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso»; al comma 2 che i «reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali». Il problema su cui si sono interrogati gli interpreti è cosa abbia inteso il legislatore con la locuzione «fatte salve» riferita a tali ipotesi.

Pare opportuno ricordare che la predetta disposizione era stata anche oggetto di alcune questioni di legittimità costituzionale che, in breve e senza pretese di esaustività, evidenziavano una disparità di trattamento tra imputati del medesimo reato che potevano beneficiare del patteggiamento in ragione della loro maggiore o minore capacità economica.

In realtà, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo l’accesso al patteggiamento, per i reati tributari, subordinato all’estinzione del debito, in quanto pur essendo vero che la facoltà di chiedere l’applicazione di riti alternativi estrinseca una modalità di esercizio del fondamentale diritto di difesa, tuttavia la negazione di questa facoltà, solo per una determinata categoria di reati, non ne determina una compressione decisiva.

Pertanto, la norma ha continuato ad essere legittimamente applicata dai giudici che, però, a colpi di sentenze, ne hanno limitato la portata applicativa, fino ad arrivare alla consacrazione dell’orientamento più garantista con la sentenza in esame.

Nel caso all’attenzione della Corte di legittimità, il legale rappresentante di una S.p.A. veniva condannato alla pena, sospesa, di anni uno di reclusione per il reato di cui all’art. 10-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in relazione all’imposta dovuta per l’anno 2011 e pari ad euro 530.990. La difesa a suo tempo aveva richiesto l’accesso al rito premiale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, di cui all’art. 444 c.p.p. e ss., che era stata rigettata in considerazione del fatto che la società, di cui l’imputata era legale rappresentante, era stata dichiarata fallita e, pertanto, non vi era possibilità di pagare il debito tributario a norma dell’art. 13-bis, comma 2 d.lgs. 74/2000. Avverso detta sentenza l’imputata proponeva ricorso in Cassazione, tra l’altro, per denunciare l’illegittima mancata applicazione del rito speciale.

La terza sezione penale della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso limitatamente a questo motivo di impugnazione, conferma il principio alla stregua del quale per i reati di omesso versamento, l’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento, in quanto detto comportamento integra una causa di non punibilità. Ne consegue che è possibile accedere al rito premiale alternativo per tutti i reati elencati tassativamente al comma 2 art. 13 d.lgs. 74/2000, compresi quelli di frode fiscale (artt. 2 e 3 ), anche senza aver estinto il debito tributario.

Infatti la Cassazione, per i reati di omesso versamento, di infedele o omessa dichiarazione e di dichiarazione fraudolenta, nel solco di un orientamento già espresso in precedenza (cfr. Cass. pen., sez. III, 22.10.2019, n. 48029), ritiene che l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado non può mai costituire presupposto per l’accesso al rito del patteggiamento, perché se si verifica, dà già luogo alla non punibilità; e, al contrario, se non si verifica il legislatore avrebbe comunque optato per concedere la possibilità di usufruire del rito alternativo: «l’estinzione dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 13-bis del medesimo d.lgs., in quanto l’art. 13 della stessa normativa configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli artt. 2,3, 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del medesimo decreto, e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili (è stato altresì precisato che l’art. 13-bis d.lgs. n. 74 del 2000, disciplinando la predetta condizione per accedere al rito speciale, fa espressamente salve le ipotesi di non punibilità previste dal citato art. 13 del medesimo d.lgs. Sicché, in altri termini, o l’imputato provvede, entro l’apertura del dibattimento, al pagamento del debito a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, in tal modo ottenendo la declaratoria di assoluzione per non punibilità di uno dei reati di cui agli artt. 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, ovvero non provvede ad alcun pagamento, restando in tal modo logicamente del tutto impregiudicata la possibilità di richiedere ed ottenere l’applicazione della pena per i medesimi reati».

Così pronunciandosi, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha mostrato di aderire all’orientamento interpretativo più favorevole, superando quello, pur espresso dalla medesima sezione, e contenuto nella pronuncia n. 48029 del 26 novembre 2019, ma di stampo più limitativo del diritto di difesa dell’imputato. In quella pronuncia, infatti, i giudici di legittimità ritenevano che per i reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. 74/2000, «per questi delitti, è giuridicamente ed empiricamente ipotizzabile ritenere che l’accesso al rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. sia subordinato al verificarsi della circostanza di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000. Invero, la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 2, d.lgs. cit. si verifica esclusivamente se l’integrale pagamento del debito è effettuato: a) in collegamento con il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo; b) «sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali». È quindi evidente che, per i reati in questione, il pagamento del debito tributario effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ma dopo della formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, non potrà integrare la causa di non punibilità, ma solo la circostanza attenuante ad effetto speciale». Peraltro, continuano i giudici, «l’esito ermeneutico di soluzioni differenziate per le fattispecie di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, rispetto alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5 (…) non solo è logicamente e sistematicamente ammissibile e risulta coerente con il dato normativo, ma appare giustificabile anche alla luce della diversa gravità delle fattispecie».

In conclusione, dunque, la recentissima pronuncia all’attenzione, avallando l’orientamento interpretativo maggiormente orientato verso il favor rei in ambito penal-tributario, alla stregua del quale l’integrale estinzione del debito tributario non è una condizione per accedere al patteggiamento anche per i reati di cui agli artt. 2,3, 4 e 5 d.lgs. 74/2000, oltre che per i delitti di omesso versamento, sicuramente è da salutare con favore ed avrà un impatto non di poco conto sui procedimenti tributari per frode fiscale.

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