Pubblichiamo l’interessante sentenza n. 19849 del 19 maggio 2021, con la quale la sesta sezione della Corte di Cassazione ha chiarito che, in sede di dichiarazione dei redditi, l’omessa compilazione da parte del contribuente del noto quadro “RW” non rileva ai fini della consumazione del reato di dichiarazione infedele.
Nel caso giudicato dalla Corte, l’imputato era stato condannato per il reato di riciclaggio, per avere posto in essere condotte di trasferimento di somme di denaro provento del reato, commesso da terzi, di cui all’art. 4 d. lgs. 74/2000.
In sede di ricorso, l’imputato sosteneva l’insussistenza del reato fiscale presupposto, in ragione del fatto che l’infedeltà della dichiarazione afferiva alla mancata indicazione di elementi attivi costituiti da somme di denaro depositate su un conto corrente estero e non rappresentate dal contribuente nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, la cui compilazione veniva del tutto omessa. Aggiungeva il ricorrente, che la mancata compilazione del quadro RW sarebbe irrilevante ai fini della liquidazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, essendo finalizzata all’applicazione di altre specifiche imposte, il cui mancato pagamento non è penalmente sanzionato.
La Corte di Cassazione ha condiviso le suesposte argomentazioni ed ha pertanto annullato senza rinvio la sentenza impugnata. Nella parte motiva della decisione la Cassazione ha rilevato che l’obbligo di compilare il quadro RW è stato introdotto dall’art. 4 d.l. n. 167 del 28 giugno 1990 (conv. dalla legge n. 227 del 4 agosto 1990), il quale ha imposto, alle persone fisiche tenute a presentare la dichiarazione dei redditi, di segnalare i movimenti e l’ammontare delle ricchezze detenute all’estero (obbligo che dal 2020 è stato esteso anche alle società non commerciali ed alle società semplici residenti in Italia).
Aggiunge la Cassazione che, dal 2011 (art. 19 d.l. n. 201 del 6 dicembre 2011, disciplina poi progressivamente modificata a partire dalla legge n. 97 del 6 agosto 2013), tale obbligo è finalizzato al pagamento di due specifiche imposte, quali l’IVAFE (quali l’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti, e dei libretti di risparmio detenuti all’estero) e l’IVIE (l’imposta sul valore degli immobili all’estero), che trovano una loro autonoma e specifica modalità di tassazione.
Sia il mancato adempimento di tale obblighi dichiarativi che l’omesso pagamento delle citate imposte, sono tuttavia sanzionati solo in via amministrativa.
Ne deriva, conclude la Corte, che le somme detenute da un contribuente su una banca estera (così come strumenti finanziari o immobili all’estero), non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini della determinazione dell’imposta sui redditi, e, dunque, non costituiscono elementi attivi di reddito la cui omessa indicazione è idonea a configurare il reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 d. lgs. 74/2000.
DICHIARAZIONE INFEDELE: LA MANCATA INDICAZIONE NEL QUADRO RW DI SOMME DETENUTE ALL’ESTERO NON RILEVA AI FINI DELLA CONSUMAZIONE DEL REATO
Pubblichiamo l’interessante sentenza n. 19849 del 19 maggio 2021, con la quale la sesta sezione della Corte di Cassazione ha chiarito che, in sede di dichiarazione dei redditi, l’omessa compilazione da parte del contribuente del noto quadro “RW” non rileva ai fini della consumazione del reato di dichiarazione infedele.
Nel caso giudicato dalla Corte, l’imputato era stato condannato per il reato di riciclaggio, per avere posto in essere condotte di trasferimento di somme di denaro provento del reato, commesso da terzi, di cui all’art. 4 d. lgs. 74/2000.
In sede di ricorso, l’imputato sosteneva l’insussistenza del reato fiscale presupposto, in ragione del fatto che l’infedeltà della dichiarazione afferiva alla mancata indicazione di elementi attivi costituiti da somme di denaro depositate su un conto corrente estero e non rappresentate dal contribuente nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, la cui compilazione veniva del tutto omessa. Aggiungeva il ricorrente, che la mancata compilazione del quadro RW sarebbe irrilevante ai fini della liquidazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, essendo finalizzata all’applicazione di altre specifiche imposte, il cui mancato pagamento non è penalmente sanzionato.
La Corte di Cassazione ha condiviso le suesposte argomentazioni ed ha pertanto annullato senza rinvio la sentenza impugnata. Nella parte motiva della decisione la Cassazione ha rilevato che l’obbligo di compilare il quadro RW è stato introdotto dall’art. 4 d.l. n. 167 del 28 giugno 1990 (conv. dalla legge n. 227 del 4 agosto 1990), il quale ha imposto, alle persone fisiche tenute a presentare la dichiarazione dei redditi, di segnalare i movimenti e l’ammontare delle ricchezze detenute all’estero (obbligo che dal 2020 è stato esteso anche alle società non commerciali ed alle società semplici residenti in Italia).
Aggiunge la Cassazione che, dal 2011 (art. 19 d.l. n. 201 del 6 dicembre 2011, disciplina poi progressivamente modificata a partire dalla legge n. 97 del 6 agosto 2013), tale obbligo è finalizzato al pagamento di due specifiche imposte, quali l’IVAFE (quali l’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti, e dei libretti di risparmio detenuti all’estero) e l’IVIE (l’imposta sul valore degli immobili all’estero), che trovano una loro autonoma e specifica modalità di tassazione.
Sia il mancato adempimento di tale obblighi dichiarativi che l’omesso pagamento delle citate imposte, sono tuttavia sanzionati solo in via amministrativa.
Ne deriva, conclude la Corte, che le somme detenute da un contribuente su una banca estera (così come strumenti finanziari o immobili all’estero), non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini della determinazione dell’imposta sui redditi, e, dunque, non costituiscono elementi attivi di reddito la cui omessa indicazione è idonea a configurare il reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 d. lgs. 74/2000.