Segnaliamo ai lettori la sentenza del 24 giugno 2021 n. 24666, con la quale la terza sezione della Corte di Cassazione torna a fornire indicazioni utili alla definizione del concetto di “disponibilità” delle somme depositate su un conto corrente; ed in particolare ad individuare alcune circostanze di fatto dalle quali poter desumere la sussistenza del requisito della disponibilità in capo al delegato ad operare sul conto corrente, quanto tale delega trovi giustificazione nella carica sociale ricoperta.
L’occasione è costituita da un decreto di sequestro preventivo del profitto del reato di cui all’art. 5 d. lgs. 74/2000. In fase di esecuzione del provvedimento cautelare venivano sottoposte alla misura ablativa anche le somme depositate su un conto corrente di una società estranea al reato oggetto di contestazione, ma rispetto al quale l’indagato risultava delegato ad operare nella qualità di amministratore della società.
Il legale rappresentante della società titolare del conto corrente proponeva richiesta di riesame avverso il suindicato provvedimento, che tuttavia veniva respinta dal Tribunale, sul presupposto che la delega ad operare sul conto corrente costituiva prova decisiva della disponibilità in capo all’indagato delle somme depositate sul conto in sequestro, dovendosi ritenere irrilevante che il conto risultasse intestato a società estranea al reato.
Avvero l’ordinanza del Tribunale del Riesame, la società ha proposto ricorso per cassazione, la quale, con l’allegata sentenza, ha annullato con rinvio l’ordinanza del riesame.
In particolare la Cassazione ha osservato che, se è vero che la sussistenza di una delega ad operare su un conto corrente intestato a terzi è idonea a configurare il requisito della disponibilità di cui all’art. 322 ter c.p.p., è altresì vero che se la delega trova giustificazione nella carica sociale ricoperta dal delegato, è necessario individuare altri elementi dai quali trarre la prova di una situazione di disponibilità delle somme, essendo evidente che l’amministratore della società è abilitato ad operare, anche senza limiti, sul conto della stessa, di cui ha sia la responsabilità che la gestione.
Precisa dunque la Cassazione che, in tali ipotesi, è necessario individuare ulteriori elementi di fatto che in sede cautelare possano fondare un giudizio di “ragionevole probabilità” circa la disponibilità delle somme in capo al delegato, ovvero, elementi di fatto idonei a ritenere che attraverso la delega egli eserciti “poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare di un rapporto bancario”. Secondo la Corte, in tal senso rilevano: i prelievi di somme per fini personali o destinate a soggetti estranei all’ambito di attività della società; l’utilizzo delle somme depositate per eseguire operazione del tutto estranee rispetto all’oggetto sociale.
Per quanto apprezzabile l’intento, deve tuttavia osservarsi che le circostanze di fatto individuate dalla Corte non necessariamente risultano effettivamente sintomatiche di un potere di “signoria” sul conto corrente. Basti pensare alla condotta dell’amministratore infedele che distragga illecitamente parte delle somme presenti sul conto corrente della società. A ben vedere le condotte individuate possono costituire prova di una effettiva disponibilità del conto corrente solo qualora risultino reiterate e protratte nel tempo.
La Cassazione individua le circostanze di fatto utili a definire il concetto di disponibilità delle somme depositate su un conto corrente.
Segnaliamo ai lettori la sentenza del 24 giugno 2021 n. 24666, con la quale la terza sezione della Corte di Cassazione torna a fornire indicazioni utili alla definizione del concetto di “disponibilità” delle somme depositate su un conto corrente; ed in particolare ad individuare alcune circostanze di fatto dalle quali poter desumere la sussistenza del requisito della disponibilità in capo al delegato ad operare sul conto corrente, quanto tale delega trovi giustificazione nella carica sociale ricoperta.
L’occasione è costituita da un decreto di sequestro preventivo del profitto del reato di cui all’art. 5 d. lgs. 74/2000. In fase di esecuzione del provvedimento cautelare venivano sottoposte alla misura ablativa anche le somme depositate su un conto corrente di una società estranea al reato oggetto di contestazione, ma rispetto al quale l’indagato risultava delegato ad operare nella qualità di amministratore della società.
Il legale rappresentante della società titolare del conto corrente proponeva richiesta di riesame avverso il suindicato provvedimento, che tuttavia veniva respinta dal Tribunale, sul presupposto che la delega ad operare sul conto corrente costituiva prova decisiva della disponibilità in capo all’indagato delle somme depositate sul conto in sequestro, dovendosi ritenere irrilevante che il conto risultasse intestato a società estranea al reato.
Avvero l’ordinanza del Tribunale del Riesame, la società ha proposto ricorso per cassazione, la quale, con l’allegata sentenza, ha annullato con rinvio l’ordinanza del riesame.
In particolare la Cassazione ha osservato che, se è vero che la sussistenza di una delega ad operare su un conto corrente intestato a terzi è idonea a configurare il requisito della disponibilità di cui all’art. 322 ter c.p.p., è altresì vero che se la delega trova giustificazione nella carica sociale ricoperta dal delegato, è necessario individuare altri elementi dai quali trarre la prova di una situazione di disponibilità delle somme, essendo evidente che l’amministratore della società è abilitato ad operare, anche senza limiti, sul conto della stessa, di cui ha sia la responsabilità che la gestione.
Precisa dunque la Cassazione che, in tali ipotesi, è necessario individuare ulteriori elementi di fatto che in sede cautelare possano fondare un giudizio di “ragionevole probabilità” circa la disponibilità delle somme in capo al delegato, ovvero, elementi di fatto idonei a ritenere che attraverso la delega egli eserciti “poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare di un rapporto bancario”. Secondo la Corte, in tal senso rilevano: i prelievi di somme per fini personali o destinate a soggetti estranei all’ambito di attività della società; l’utilizzo delle somme depositate per eseguire operazione del tutto estranee rispetto all’oggetto sociale.
Per quanto apprezzabile l’intento, deve tuttavia osservarsi che le circostanze di fatto individuate dalla Corte non necessariamente risultano effettivamente sintomatiche di un potere di “signoria” sul conto corrente. Basti pensare alla condotta dell’amministratore infedele che distragga illecitamente parte delle somme presenti sul conto corrente della società. A ben vedere le condotte individuate possono costituire prova di una effettiva disponibilità del conto corrente solo qualora risultino reiterate e protratte nel tempo.