Cassazione, quinta sezione civile, sent. 8 luglio 2021, depositata il 22 settembre 2021, n. 25632.
Interessante decisione della Suprema Corte in tema di rapporti fra giudicato penale e processo tributario.
E’ fuor di dubbio che con la riforma operata con il d.lgs. n.74/2000 il legislatore ha optato per l’affermazione del principio di autonomia fra procedimento penale e processo tributario, ma ciò non esclude che il giudice tributario possa in assoluto prescindere, nella formazione del proprio convincimento, dalle prove raccolte nel processo penale, purché il suo vaglio critico sia svincolato dall’interpretazione e dalla valutazione che ne abbia dato il giudice penale.
Il giudicato penale non ha automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario in quanto l’art. 654 c.p.p. espressamente prevede che <<nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile […], la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa>>. E, date le limitazioni alla prova presenti nel giudizio tributario, è del tutto evidente che la norma sia a quest’ultimo (quale giudizio ad quem) inapplicabile.
Ma, la circostanza che il giudicato penale non faccia stato nel giudizio tributario, non significa che il giudice tributario possa non tenerne affatto conto, pur dovendo comunque valutare la decisione penale secondo le proprie regole procedurali. Per cui l’”estensione” del giudicato penale non deve avvenire in maniera acritica e automatica, ma deve essere assoggettata ad un’esplicita valutazione dei giudici tributari circa la coincidenza dei fatti sui quali si è definitivamente pronunciato il giudice penale con quelli contestati in sede tributaria.
Nell’ipotesi della sentenza in commento, il Giudice penale aveva escluso la sussistenza del fatto contestato, ed una decisione di tale portata non può essere ristretta nell’esclusivo perimetro del processo penale, soprattutto se l’organo accertatore non critica il fondamento del fatto con elementi probatori contrari a quelli utilizzati dal giudice penale, né prova che il fatto su cui si fonda l’accertamento tributario è completamente diverso da quello oggetto del giudicato penale.
L’altro principio affermato dalla Suprema Corte è che la produzione della sentenza penale irrevocabile, quale prova documentale, ai sensi degli artt. 7, 32 primo comma e 578 secondo comma del d.lgs. n. 546/1992, non è soggetta ad alcuna preclusione processuale, potendo essere acquisita e utilizzata per la decisione anche d’ufficio con la conseguenza che la sua produzione nel giudizio di appello non viola il principio di corrispondenza fra chiesto e giudicato perché <<apparirebbe davvero improprio richiedere alla parte di anticipare le proprie difese in relazione ad una sentenza penale che non è stata ancora pronunciata>>.
Francesco Ardito
IL GIUDICE TRIBUTARIO DEVE CONSIDERARE LA SENTENZA PENALE PASSATA IN GIUDICATO.
Cassazione, quinta sezione civile, sent. 8 luglio 2021, depositata il 22 settembre 2021, n. 25632.
Interessante decisione della Suprema Corte in tema di rapporti fra giudicato penale e processo tributario.
E’ fuor di dubbio che con la riforma operata con il d.lgs. n.74/2000 il legislatore ha optato per l’affermazione del principio di autonomia fra procedimento penale e processo tributario, ma ciò non esclude che il giudice tributario possa in assoluto prescindere, nella formazione del proprio convincimento, dalle prove raccolte nel processo penale, purché il suo vaglio critico sia svincolato dall’interpretazione e dalla valutazione che ne abbia dato il giudice penale.
Il giudicato penale non ha automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario in quanto l’art. 654 c.p.p. espressamente prevede che <<nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile […], la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa>>. E, date le limitazioni alla prova presenti nel giudizio tributario, è del tutto evidente che la norma sia a quest’ultimo (quale giudizio ad quem) inapplicabile.
Ma, la circostanza che il giudicato penale non faccia stato nel giudizio tributario, non significa che il giudice tributario possa non tenerne affatto conto, pur dovendo comunque valutare la decisione penale secondo le proprie regole procedurali. Per cui l’”estensione” del giudicato penale non deve avvenire in maniera acritica e automatica, ma deve essere assoggettata ad un’esplicita valutazione dei giudici tributari circa la coincidenza dei fatti sui quali si è definitivamente pronunciato il giudice penale con quelli contestati in sede tributaria.
Nell’ipotesi della sentenza in commento, il Giudice penale aveva escluso la sussistenza del fatto contestato, ed una decisione di tale portata non può essere ristretta nell’esclusivo perimetro del processo penale, soprattutto se l’organo accertatore non critica il fondamento del fatto con elementi probatori contrari a quelli utilizzati dal giudice penale, né prova che il fatto su cui si fonda l’accertamento tributario è completamente diverso da quello oggetto del giudicato penale.
L’altro principio affermato dalla Suprema Corte è che la produzione della sentenza penale irrevocabile, quale prova documentale, ai sensi degli artt. 7, 32 primo comma e 578 secondo comma del d.lgs. n. 546/1992, non è soggetta ad alcuna preclusione processuale, potendo essere acquisita e utilizzata per la decisione anche d’ufficio con la conseguenza che la sua produzione nel giudizio di appello non viola il principio di corrispondenza fra chiesto e giudicato perché <<apparirebbe davvero improprio richiedere alla parte di anticipare le proprie difese in relazione ad una sentenza penale che non è stata ancora pronunciata>>.
Francesco Ardito