LA TERZA SEZIONE SI “SCHIERA” PER L’INAPPLICABILITA’ DELL’ART. 578 BIS C.P.P. ALLA CONFISCA PER EQUIVALENTE DISPOSTA PER FATTI COMMESSI IN DATA ANTECEDENTE ALLA SUA ENTRATA IN VIGORE

Con le sentenze del 4 aprile 2022 n. 12236  e del 22 aprile 2022 n. 15655, nonchè con l’ordinanza di rimessione alle SS. UU. del 20 aprile 2022 n. 15229, la terza sezione della Cassazione torna ad occuparsi del complesso tema avente ad oggetto la possibilità per il giudice di appello che dichiari la prescrizione del reato oggetto di imputazione, di mantenere la confisca per equivalente disposta in primo grado qualora il fatto per quale si ritenga accertata la responsabilità dell’imputato sia stato commesso in data antecedente alla entrata in vigore dell’art. 578 bis c.p.p.

Con tali provvedimenti la terza sezione da atto dell’esistenza di un orientamento che ritiene applicabile l’art. 578 bis c.p.p. anche ai provvedimenti di confisca, ex art. 12 bis d.lgs. 74/2000, disposti in relazione a fatti commessi in data antecedente alla data di entrata in vigore dell’art. 578 bis. Trattasi di un indirizzo che si fonda sulle seguenti considerazioni:

  • la natura processuale dell’art. 578 bis c.p.p., con conseguente applicazione del principio tempus regit actum;
  • l’impossibilità di equiparare la confisca per equivalente ad una pena;
  • l’assenza di un contrasto con l’art. 7 della C.E.D.U.,  in quanto la suindicata previsione normativa non introduce una nuova tipologia di confisca ma interverrebbe solo sui limiti temporali e processuali entro i quali può essere applicata (con la conseguenza  che non si pone un problema di applicazione retroattiva di una sanzione in precedenza non prevista);
  • la tesi sarebbe confermata dalla sentenza della Corte e.d.u. Giem/Italia, la quale ha ritenuto compatibili con l’art. 7 della C.E.D.U. le confische aventi natura sanzionatoria (come la confisca urbanistica), fondate su accertamenti sostanziali di responsabilità contenute in un provvedimento che dichiari la prescrizione del reato.

Con le allegate decisioni la terza sezione, nel confermare la sua  adesione all’orientamento secondo il quale l’art. 578 bis c.p.p. trova applicazione anche nei casi di confisca “tributaria” disposta nella forma per equivalente, ma solo in relazione ai fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore, afferma senza mezzi termini che l’opposta interpretazione risulterebbe contraria all’art. 7 della C.E.D.U. e 25 Cost.

Innanzitutto si osserva che pur dovendosi attribuire all’art. 578 bis c.p.p. natura di norma processuale, si tratta in ogni caso di una norma processuale con indubbi effetti sostanziali in malam partem, in quanto consente  l’applicazione di una sanzione patrimoniale, ovvero di una pena, che prima della sua entrata in vigore non avrebbe potuto essere applicata. La Corte sovranazionale qualifica tale tipologia di disposizioni come di “diritto penale materiale“.

Sia la Corte Costituzionale (sent. n. 32/2020) che la Corte e.d.u. (Scoppola/Italia) estendono a tali norme il principio di  irretroattività qualora dalla loro applicazione derivino sanzioni, anche patrimoniali, più gravi di quelle che avrebbero potuto essere applicate al momento del fatto, e che non risultavano prevedibili dal reo. Ciò in quanto “il principio di legalità convenzionale implica la necessità che, al momento della commissione del fatto, esistesse una disposizione di legge la quale rendeva l’atto punibile e che la pena imposta non abbia ecceduto i limiti fissati da tale disposizione secondo canoni di prevedibilità e di accessibilità“. In altri termini, tutte le norme che alla commissione di un fatto qualificato come reato vi riconnettono l’effetto della punizione sono “coperte” dalla garanzia della irretroattività; anche  quando stabiliscono ” l’an, il quantum e la qualità delle conseguenze punitive“. Ne discende “il divieto di applicazione retroattiva di una legge che punisca più severamente un fatto in precedenza incriminato“.

La terza sezione aggiunge che, nel caso di specie, il mutamento di disciplina non risultava in alcun modo prevedibile atteso che, sino all’entrata in vigore dell’art. 578 bis c.p.p., il principio di diritto vigente, secondo l’interpretazioni fornite anche dalle SS.UU. Lucci, era che la confisca per equivalente,  atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, non potesse essere mantenuta dal giudice di appello in caso di prescrizione del delitto presupposto. Con la conseguenza che al momento della commissione del reato il rischio di applicazione della confisca in appello, anche a fronte di una sentenza dichiarativa della intervenuta prescrizione del reato, doveva ritenersi imprevedibile. Circostanza che peraltro consente di escludere che l’art. 578 bis c.p.p. abbia una mera funzione ricognitiva di una disciplina già esistente.

Infine il riferimento alla sentenza della Corte e.d.u. Glem/Italia in tema di confisca urbanistica non appare dirimente, attesa la differenza tra la confisca urbanistica che ha ad oggetto beni in ogni caso pertinenti al reato e rispetto alla quale è possibile riconoscere una finalità ripristinatoria; e la confisca per equivalente, che viceversa spicca per il suo profilo sanzionatorio potendo addirittura essere applicata a beni di cui il reo può aver acquisito la disponibilità anche in data antecedente al reato, essendo parametrata al delitto esclusivamente sotto un profilo quantitativo, finendo per consentire l’ablazione di una parte di patrimonio priva di collegamenti con il reato.

In sintesi secondo la terza sezione “se la ratio del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole è quella di tutelare l’affidamento e la libertà di autodeterminazione, questa esigenza dovrebbe valere anche in caso di applicazione di nome processuali ma con effetti sostanziali in malam partem, come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 32/2020” (ed ancora con la sentenza n. 140/2021 in tema di sospensione del processo per motivi legati all’emergenza pandemica).

Infine, nell’ambito dell’ordinanza di rimessione della questione alle sezione unite, la terza sezione ricorda che secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, un istituto che riconnette al decorso del tempo l’effetto di impedire l’applicazione di una pena rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità sostanziale enunciato dall’art. 25 co. 2 Cost..

Non resta che aspettare la decisione delle SS.UU. per sapere se tale orientamento più garantista sarà confermato.

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