OMESSO VERSAMENTO IVA: LA CRISI DI LIQUIDITA’ DETERMINATA DAL MANCATO INCASSO DI CREDITI PER IMPORTI PARTICOLARMENTE SIGNIFICATIVI E’ IDONEA AD ESCLUDERE L’ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO

La sentenza del 19 maggio 2022 n. 19651 affronta uno dei temi più dibattuti in materia di omesso versamento dell’IVA, ovvero la punibilità dell’imprenditore che non adempia al versamento a causa di una crisi di liquidità, determinata, nel caso di specie, da rilevantissimi insoluti da parte dei principali clienti.

Vi è da dire che la giurisprudenza dominante tende ad escludere ogni rilevanza delle condizioni economiche del contribuente che non adempia al versamento delle imposte, in considerazione del fatto che il reato di omesso versamento delle imposte è punibile a titolo di dolo generico ed è dunque sufficiente che il soggetto agisca con la coscienza e volontà di non versare all’Erario le somme dovute, a nulla rilevando il fine specifico di evadere le imposte.

La valenza esimente dalla crisi di liquidità è relegata ai soli casi residuali in cui quest’ultima è determinata da elementi eccezionali, a condizione che si riesca a dimostrare la non imputabilità della crisi di impresa alle scelte imprenditoriali e l’assoluta impossibilità di adempiere agli obblighi tributari anche attingendo a risorse personali da parte del contribuente.

La sentenza qui proposta, nel valorizzare le richieste difensive puntualmente avanzante nell’atto di appello – e disattese dalla Corte di merito perché ritenute prive di decisività – impone di tenere in considerazione le allegazioni difensive relativamente alla crisi di impresa ed alle motivazioni addotte circa l’impossibilità di adempiere al versamento delle imposte, annullando con rinvio la sentenza impugnata.

La pronuncia non può che essere condivisa per la presa d’atto, da parte della S.C., della complessità delle dinamiche aziendali e della necessità di approfondire l’elemento soggettivo del reato sconfessando le interpretazioni che semplicisticamente risolvono la questione attraverso il richiamo al “dolo generico”.

La Suprema Corte, inoltre, nel prendere in considerazione, ai fini dell’esclusione dell’elemento psicologico, la condizione dell’imprenditore che versi in crisi finanziaria dovuta al mancato incasso di crediti, ritiene che tale situazione rientri nell’ordinario rischio di impresa sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica, condividendo una precedente pronuncia (Cass., sez. III, sent. del 10 agosto 2021 n. 31352) che aveva escluso che potesse considerarsi fisiologica una presenza di insoluti per circa il 43% del fatturato , cui era seguita una gravissima crisi di liquidità.

Dalle sentenze richiamate, dunque, può ricavarsi il seguente principio di diritto : “il normale rischio d’impresa in relazione agli insoluti potrà affermarsi laddove gli stessi siano contenuti in una percentuale fisiologica, ciò che certamente non può ritenersi quando il mancato incasso riguardi oltre il 40% del fatturato”(Sent. 31352/2021) .

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