Con la sentenza n. 23079 del 14 giugno 2022, la terza sezione della Cassazione afferma un interessante principio di diritto.
E’ noto che il reato di dichiarazione infedele previsto e punito dall’art. 4 d.lgs. 74/2000 si configura anche quando il contribuente ometta di indicare nella dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF elementi attivi di reddito derivanti da attività illecite (salvo questi ultimi non siano stati sottoposti a sequestro o confisca nella stesso anno di imposta nel quale sono stati prodotti – cfr. Cass., sez. III, sent. del 19 giugno 2020 n. 18575).
Rileva in tal senso l’art. 14 co. 4 della legge 537/93 il quale prevede che: “Nelle categorie di reddito di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita’ qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia’ sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria“. L’obiettivo fondamentale che la norma ha inteso perseguire, è costituito dall’equiparazione, ai fini impositivi, tra soggetti che pongono in essere attività produttive di redditi in maniera lecita (e che sugli stessi subiscono l’imposizione fiscale) e i soggetti che pongono in essere attività produttive di redditi in maniera illecita.
Alla luce di tali premesse normative la terza sezione ha ritenuto che il principio della rilevanza reddituale dei redditi da attività illecita trovi applicazione anche con riferimento al reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000.
La mancata dichiarazione da parte del contribuente dei redditi derivanti da attività illecita, non assume dunque rilevanza penale solo in caso di presentazione da parte del contribuente della propria dichiarazione dei redditi rendendola infedele. Bensì assume rilevanza anche qualora il contribuente abbia omesso la presentazione della stessa, atteso che ai fini della determinazione della base imponibile, e per l’effetto dell’ammontare dell’imposta evasa (rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia di punibilità prevista dall’art. 5 d.lgs. 74/2000), devono essere tenuti in considerazione anche i proventi da attività illecita prodotti dal contribuente e che quest’ultimo è tenuto a dichiarare.
LA PRODUZIONE DI REDDITI DA ATTIVITA’ ILLECITA RILEVA ANCHE AI FINI DEL REATO DI OMESSA DICHIARAZIONE
Con la sentenza n. 23079 del 14 giugno 2022, la terza sezione della Cassazione afferma un interessante principio di diritto.
E’ noto che il reato di dichiarazione infedele previsto e punito dall’art. 4 d.lgs. 74/2000 si configura anche quando il contribuente ometta di indicare nella dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF elementi attivi di reddito derivanti da attività illecite (salvo questi ultimi non siano stati sottoposti a sequestro o confisca nella stesso anno di imposta nel quale sono stati prodotti – cfr. Cass., sez. III, sent. del 19 giugno 2020 n. 18575).
Rileva in tal senso l’art. 14 co. 4 della legge 537/93 il quale prevede che: “Nelle categorie di reddito di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attivita’ qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non gia’ sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria“. L’obiettivo fondamentale che la norma ha inteso perseguire, è costituito dall’equiparazione, ai fini impositivi, tra soggetti che pongono in essere attività produttive di redditi in maniera lecita (e che sugli stessi subiscono l’imposizione fiscale) e i soggetti che pongono in essere attività produttive di redditi in maniera illecita.
Alla luce di tali premesse normative la terza sezione ha ritenuto che il principio della rilevanza reddituale dei redditi da attività illecita trovi applicazione anche con riferimento al reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000.
La mancata dichiarazione da parte del contribuente dei redditi derivanti da attività illecita, non assume dunque rilevanza penale solo in caso di presentazione da parte del contribuente della propria dichiarazione dei redditi rendendola infedele. Bensì assume rilevanza anche qualora il contribuente abbia omesso la presentazione della stessa, atteso che ai fini della determinazione della base imponibile, e per l’effetto dell’ammontare dell’imposta evasa (rilevante ai fini della verifica del superamento della soglia di punibilità prevista dall’art. 5 d.lgs. 74/2000), devono essere tenuti in considerazione anche i proventi da attività illecita prodotti dal contribuente e che quest’ultimo è tenuto a dichiarare.