ART. 10 BIS. D.LGS 74/2000: RILEVA SOLO L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE RISULTANTI DALLE CERTIFICAZIONI RILASCIATE AI SOSTITUITI (C. COST. SENT. N. 175/2022)

Con la recentissima sentenza n. 175 del 14 luglio 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 comma 1 lett. b), del decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 158 (revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art. 8 comma 1 della legge 11 marzo 2014 n. 23) – nella parte in cui ha inserito le parole “dovute sulla base della stessa dichiarazione”, sia, per l’effetto, dello stesso art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dalla suindicata delega, nella parte in cui prevede la rilevanza penale dell’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d’imposta.

Le questioni giuridiche al vaglio della Corte Costituzionale inerivano un caso in cui l’imputato era chiamato a rispondere del delitto di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione in relazione a un fatto commesso il 15 settembre 2016 e dunque, successivo al 22 ottobre 2015, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 158 del 2015 e con imposta evasa per un ammontare superiore alla soglia di punibilità prevista dalla fattispecie incriminatrice.

E’ evidente l’effetto della sentenza in esame nel caso tipo sopra richiamato: viene infatti ripristinato il regime in vigore antecedentemente al d.lgs. n. 158 del 2015, con la conseguenza che ai fini dell’integrazione della fattispecie penale prevista dall’art. 10-bis è necessario che “il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, afferisca alle ritenute certificate; viceversa il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce mero illecito amministrativo tributario”.

Ed invero, attraverso un excursus normativo e giurisprudenziale relativamente alla fattispecie incriminatrice in esame, la Corte Costituzionale ha rilevato che, con l’entrata in vigore della riforma del 2000, “le nuove fattispecie incriminatrici, introdotte dagli artt. da 2 a 5 d.lgs. 74/2000 non hanno riguardato comportamenti del sostituto di imposta, con la conseguenza che il comportamento consistente nell’omesso versamento delle ritenute è risultato depenalizzato, rimanendo sanzionato sul solo piano amministrativo, ai sensi degli artt. 13 e 14 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante «Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662».

Successivamente, con l’art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», il legislatore ha arricchito il catalogo dei reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 introducendo all’art. 10-bis il delitto di omesso versamento delle ritenute che recitava: «È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta».

Con tale modifica il legislatore evidentemente aveva inteso ripristinare il solo delitto previsto dall’abrogato art. 2 co. 3 d.l. 429/82 per il pagamento delle ritenute risultanti dalle certificazioni (“Chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare complessivo superiore a lire venticinque milioni per ciascun periodo d’imposta, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire tre milioni a lire cinque milioni”); ma, viceversa, non anche la contravvenzione prevista dall’abrogato art. 2 co. 2 d.l. 429/82 con cui veniva sanzionato l’omesso versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di ritenute alle quali il sostituto di imposta era obbligato per legge relativamente a somme pagate.

Dunque, con la legge 311 del 2004 il legislatore aveva ritenuto che la rilevanza penale del mancato pagamento delle ritenute dovesse essere limitata a quelle che fossero state certificate dal sostituto ai sostituiti; ”ciò completava la fattispecie e l’elemento oggettivo del reato”.

In sintesi al momento della legge delega n. 23 del 2014, il reato previsto, concernente la condotta omissiva del sostituto, era solo quello dell’omesso versamento delle ritenute certificate, mentre la condotta di omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto rimaneva distinta e non sanzionata penalmente, pur costituendo anch’essa un illecito assoggettato a sanzione amministrativa.

Pertanto, il legislatore delegato ha introdotto all’art. 10 bis una nuova fattispecie penale (omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto), “affiancandola a quella già esistente (omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti), senza essere autorizzato a farlo dalla legge di delega, mentre sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito per poter essere rispettoso anche del principio di stretta legalità in materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.)”.

Sul punto la Corte evidenzia che “benché vi sia una contiguità delle due condotte, perché concernono pur sempre le stesse ritenute operate dal sostituto”, tuttavia la storia delle modifiche normative intervenute in materia, e le stesse interpretazioni divergenti fornite dalla Cassazione e risolte con l’intervento delle SS. UU. del 2018, dimostrano che si tratta di condotte distinte, le quali hanno avuto un trattamento giuridico  sempre diversificato.

Secondo la Corte, che nel caso de quo non può ritenersi di essere di fronte all’esercizio della discrezionalità propria del legislatore delegato, soprattutto se si considera che “nella materia penale è più elevato il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega; ciò perché il controllo del rispetto, da parte del Governo, dei «princìpi e criteri direttivi», è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili (sentenze n. 174 del 2021, n. 127 del 2017 e n. 5 del 2014)”.

Né tale intervento può ritenersi legittimato da quanto rappresentato dall’Avvocatura di stato circa la volontà chiarificatrice del decreto delegato, “dovendo escludersi che il legislatore delegato potesse intervenire in un dibattito giurisprudenziale ancora in corso per offrire un “soccorso normativo” alla tesi di maggior rigore, secondo cui era sufficiente, sul piano probatorio, che le ritenute risultassero dalla dichiarazione perché potesse ritenersi provato il rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti”.

In conclusione, la scelta del legislatore delegato di inserire le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nella fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute di cui all’art.10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 contrasta con gli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., non essendo sorretta dai principi e dai criteri direttivi della delega legislativa.

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